Slow Productivity, produttività lenta. Un ossimoro, almeno a prima vista
Negli ultimi anni è cresciuto un sentimento contrario alla produttività sempre più diffuso tra i lavoratori e le lavoratrici “della conoscenza” esausti/e a causa di un’instancabile frenesia senza fine (o forse sarebbe meglio dire, quasi fine a se stessa).
In questo suo nuovo saggio dal titolo "Slow Productivity", Cal Newport, ha deciso di interrogarsi sull’origine di questo malessere e sulla possibile soluzione.
L’autore riflette sul fatto che forse i lavoratori della conoscenza non hanno un problema con la produttività in senso generale, quanto piuttosto con una sua specifica e fallace definizione che ha preso piede negli ultimi decenni》 ovvero la credenza che per fare un buon lavoro serva una crescente frenesia che richiede 《risposte più veloci alle email e chat, più riunioni, più compiti, più ore.》
Tutto ciò si basa però su fondamenta sempre più insostenibili e fenomeni come le #grandidimissioni o il #quietquitting trovano molto probabilmente origine nel fatto che molti lavoratori e molte lavoratrici fossero già al limite o in pieno burnout strisciante prima dello scoppio della pandemia.
Con questo libro Cal Newport si interroga sulla nostra moderna concezione di realizzazione professionale e su come possiamo trasformarla.
La filosofia della Slow Productivity di cui ci parla Newport mi ricorda un po’ il concetto di festina lente, una locuzione latina attribuita all’imperatore romano Augusto e che significa letteralmente “affrettarsi lentamente”.
La filosofia della Slow Productivity invita lavoratori e lavoratrici della conoscenza a riorganizzare i propri sforzi lavorativi seguendo tre principi:
- fare meno cose;
- lavorare ad un ritmo naturale e umano;
- essere ossessionati (ndr con giudizio) dalla qualità
Con questa filosofia Cal Newport ci invita a rifiutare la frenesia del dover essere sempre occupati, sempre e subito reattivi, a considerare invece il sovraccarico lavorativo come un ostacolo al raggiungimento di risultati che contino davvero; inoltre ci ricorda che i nostri sforzi professionali dovrebbero seguire un ritmo più vario e con un passo più umano.
L’obiettivo di questo libro è di 《proporre un modo completamente nuovo per noi, la nostra piccola attività o il nostro grande datore di lavoro, di ripensare cosa significa fare le cose》 e poi di 《salvare il lavoro di conoscenza da questa frenesia sempre più insostenibile e ricostruirlo in qualcosa di più sostenibile e umano, che ci abiliti a creare cose di cui possiamo essere orgogliosi senza sfinirci lungo il percorso.》
Per Cal Newport è possibile ottenere risultati significativi e di qualità senza esaurirsi e non solo, questo dovrebbe essere lo standard, la norma e non l’eccezione.
Davvero un bel libro da leggere con attenzione prendendosi del tempo per riflettere sui concetti e sui tanti esempi concreti di molti personaggi famosi di oggi e del passato che non potrebbero essere definiti esempi di produttività secondo l’interpretazione ahimè ancora più diffusa.
Consigliato a chiunque si occupi di lavoro e risorse umane, si trovi da manager o imprenditore/imprenditrice a gestire un gruppo di persone, a chi lavora come freelance, ma anche come dipendente e svolge lavori che possono essere definiti “della conoscenza”.
Moondo
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