Tutto serve. Sempre.

Ieri un giovane amico mi ha chiamato, triste, non tutto va sempre come vorremmo. Non ho ricette miracolose, e mi spiace. So che tutti tocchiamo il fondo prima o poi. Non me la voglio nemmeno cavare dicendo che sempre si risale. Troppo facile.





Però gli vorrei ricordare che il nostro compito è provarci. Almeno provarci.
E spesso va a finire bene.
Tutto serve amico mio.
Tieni duro.





Tutto serve.
Tutto serve a farmi pensare.
Quando penso mi sento bene, vivo direi.
Quante volte mi butto le coperte sulla testa e quello che mi resta da fare è solo rincorrere le manciate di pensieri, sparse sulla tovaglia a quadri della mia vita.





Tutto serve a farmi riflettere.
Quando rifletto mi sento un specchio.
Di quelli vecchi e logori, ma che ce la mettono tutta, tra le macchie e le scrostature, a dare un’immagine decente.
Che non faccia vergognare te e chi ha fiducia in te.





Tutto serve.
Non si butta via niente del piatto che la vita ti prepara.
Che tanto non è che va sempre come vuoi, ma che tutto serve ad essere all’altezza di quello che non va, che non è andato o che non andrà.





La telefonata che non arriva serve.
Il posto a tavola vuoto serve.
La parola fuori posto che ti ha fatto sanguinare l’anima serve.
Lo sguardo torvo con cui ti hanno liquidato serve.
Il braccio che ti hanno torto dietro la schiena serve.
I “no”, sbattuti in faccia, come sassi caduti dal cassone del camion sul parabrezza della tua esistenza servono.





Non si butta via nulla della vita.
Per quanto ti rigiri tra le lenzuola dei rimorsi e inghiotti bocconi di rimpianti non esci dall’unica risposta che trovi sempre alla fine delle tortuose vie o delle dritte autostrade su cui fai scorrere le domande che dovrebbero risolverti l’irrisolvibile.





Quei lampi con cui rischiari i momenti più bui non mostrano soluzioni diverse alla questione del perché siamo qui e perché a lui sì, a lei forse, a me no.





Quei lampi mostrano un’umanità sofferente spesso, felice a sprazzi, calma mai.
Un’umanità perennemente in cerca di schivare ed evitare.





Ma tutto serve.
Anche in tutta quella sofferenza c’è un senso, un motivo, una leva.
In tutta l’ansia che ci mastica e sputa ogni ora del giorno esiste una radice di significato.
Sono i muri di dolore fra noi e un futuro migliore che determinano la grandezza del nostro spirito.





Non è un’ipotesi tranquillizzante e forse non è nemmeno un’ipotesi.
Ma spiega perché tutto ciò che i vecchi ricordano, sono i momenti di lotta, di salto, di contrasto, tra una realtà che non ti vuole bene e una tua certezza di valere qualcosa di più del tuo certificato di nascita o della tessera fedeltà del supermercato.





Ed è in questo senso che nei temporali del quotidiano, tra code in auto, lavori ingrati, gente gentile come un filo spinato, mi viene in mente che tutto serve.
E che serve per dimostrarmi, una volta di più che sono all’altezza di questo mondo, più di quanto qualcuno voglia farmi credere che il mondo non sia all’altezza mia.





Già, tutto serve. Sempre.



Moondo
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