“ Io sono il potere ”, confessioni di un capo di gabinetto anonimo che si dichiara “ della Prima, della Seconda e della Terza Repubblica ”, che Giuseppe Salvaggiuolo (capo della redazione politica della Stampa) ha raccolto e trasferito agli editor di Feltrinelli, è stato il “best seller” dell’estate per un mondo romanocentrico che ruota attorno alle dinamiche politico-istituzionali del sistema di governo. Per l’esattezza nel triangolo Palazzo Chigi, Ministeri, Magistrature amministrative. Tutto il resto essendo marginale, nel testo e nella vita dell’anonimo autore. Già questa iper-baricentrazione esistenziale, professionale, relazionale, gergale, è la chiave stilistica di un libro a cui manca l’aria del nostro tempo, del mondo che ci circonda, delle meraviglie e delle nefandezze per le quali si sogna e ci si indigna. Nell’ansia di confermarsi in ogni pagina “ anche oggi al centro del Potere, anzi: anche oggi io sono il Potere ”, non c’è più spazio per nulla. Non c’è un teatro, uno spet
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