Disney, fin dove può spingersi il politically correct?

Tutti avrete sicuramente sentito parlare della polemica che, nelle settimane scorse, ha imperversato sui social contro il conosciutissimo cartone Biancaneve e i sette nani. Ma, nel caso in cui abbiate vissuto sotto una roccia, vi aggiorno io.





Giusto all’inizio di questo mese due giornaliste americane Katie Dowd e Julie Tremaine, commentando uno spettacolo che ha avuto luogo a Disneyland, in California, basato sulla famosa fiaba, hanno definito il bacio che il principe dà alla ragazza non consensuale e quindi diseducativo verso tutti i bambini.





Come sempre accade quando si muove un’accusa così grande ad un colosso del cinema, che questo sia un cartone o meno, il mondo si schiera in due blocchi: chi critica e chi annuisce. Ma questa volta credo che i primi siano stati decisamente di più.





Non è certo la prima volta che la Disney riceve critiche di questa portata, non molti mesi fa la piattaforma Disney+ ha cancellato dalla programmazione rivolta ai più piccolini ben 3 cartoni storici: Peter Pan, Gli Aristogatti e Dumbo.





E perché?





Tutti inizialmente abbiamo pensato che risparmiare ad un bambino quell’immensa sofferenza che è la separazione di Dumbo dalla mamma, non fosse poi un’idea così cattiva. Ma no, non è questo il motivo.





Queste tre storie, infatti, sono state giudicate inadatte al pubblico di giovanissimi perché razziste.





Dunque: nessun Romeo che canta del Colosseo o gatti che suonano il jazz, perché il gatto siamese Shun Gon viene mostrato con i denti spioventi e sembrerebbe ispirato ai popoli orientali; niente Isola che non c’è, perché la tribù di Giglio Tigrato viene definita pellerossa e niente orecchie che fanno volare, perché all’inizio della pellicola compaiono schiavi afroamericani.





Tutto questo trambusto mi ha fatto sorgere un dubbio: ma quanto è giusto prendersela con i cartoni?





Prendiamo in considerazione le principesse, per esempio.





Se critichiamo Biancaneve allora perché nessuno nomina Aurora? Se i baci non consensuali sono il problema anche lei dovrebbe essere considerata una vittima. Jasmine, scappa con un ladro mai visto e conosciuto; Ariel, abbandona la sua intera vita e la propria famiglia per un principe che ha intravisto su una nave; Belle, fatta prigioniera da, letteralmente, una bestia; infine Tiana, dopo l’uscita di quel cartone moltissime bambine si presero la salmonella, perché baciarono dei ranocchi.





Dove sbagliamo? Cosa ci stiamo dimenticando?





L’infanzia di tutti noi è stata colorata dalla Disney, eppure qualcosa ha fatto la differenza: l’educazione che ci hanno dato gli adulti.





Bellissimo il Re Leone, ma non mi ha insegnato ad andare in bicicletta, non è stato lui a sgridarmi se sbagliavo e non mi ha trasmesso lui il concetto di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.





Il bacio del principe potrà anche essere condannato, nel 2021, ma non sarà certo quella scena a far credere ad un bambino che, quando sarà grande, potrà fare ad una ragazza ciò che vorrà, anche senza il consenso di lei.





Certamente, poi, i cartoni devono evolversi con la società, difatti le ultime produzioni Disney sono completamente diverse dalle prime: le protagoniste sono ragazze attive, dinamiche, coraggiose, che non hanno bisogno di farsi salvare da nessuno, anzi, spesso sono loro le eroine.





Oltre il fatto che, dovremmo misurare il peso delle nostre battaglie. Utilizziamo i mass media per soffermare l’attenzione su questioni davvero importanti, piuttosto ché su commenti riportati con leggerezza, che non avevano intenzione di scatenare una questione mondiale. Così si rischia di perdere credibilità e di vista l’obiettivo.





Quindi, in conclusione, giustissimo pretendere: il politically correct, buoni esempi per i bambini e condannare la violenza, ma prima cominciamo a cambiare la nostra società ancora fortemente maschilista, cerchiamo di eliminare questa mascolinità tossica e facciamo informazione sulla violenza di genere. Ma non prendetevela con i cartoni Disney, almeno quelli lasciateceli.



Moondo
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