El Pibe de oro napoletano

Si può non essere tifosi; si può non capire di calcio, ma se si hanno occhi per vedere e si è visto giocare Maradona non ci si poteva non chiedere “ma come fa? ma come ha fatto?”.





E in molti ce lo siamo chiesto. Sino ad osannarlo – in questo caso in qualità di tifosi - elevandolo agli altari del calcio come un dio.





In Argentina, dove era nato, certamente, ma forse ancor più a Napoli che è città capace di innalzare e di abbattere chi ama e chi dovesse tradire: l’amato Maradona, per esempio, e gli odiati Altafini e Higuain mandati due volte nella polvere, dopo essere stati due volte sull'altare.





Se Manzoni  non fosse morto gli avrebbe dedicato un’ode, la avrebbe intitolata “Il 25 novembre” e l’avrebbe cominciata così: 





“Ei fu. Siccome immobile,
dato il mortal sospiro,
stette la spoglia immemore 
orba di tanto spiro, 
così percossa, attonita 
la terra al nunzio sta, 
muta pensando all'ultima 
ora dell'uom fatale; 
né sa quando una simile 
orma di pie’ mortale
la sua cruenta polvere 
a calpestar verrà". 





Poi sarebbe andato avanti, sempre in versi, a raccontare i fasti passati ricordando che





“Dall'Alpi alle Piramidi, 
dal Manzanarre al Reno, 
di quel securo il fulmine
tenea dietro al baleno;"





Poi, ancora, si sarebbe chiesto:  





“Fu vera gloria?”





lasciando





“ai posteri l’ardua sentenza”.





Ma noi possiamo dirlo sùbito che sì, fu vera gloria. La vita non gli è stata sempre facile. Tanto che





“forse a tanto strazio
cadde lo spirto anelo, 
e disperò”





Però, come si dice, Dio c’è e





“valida venne una man dal cielo”.





E quella mano che mandò a fondo l’Inghilterra nella memorabile Coppa del mondo del 1986 è stata appunto la mano de Dios.
Ora Dio se lo sarà scordato e anche di Maradona possiamo dire Ei fu. Ma perché?Forse ce lo ha detto Pelè: lo ha chiamato ad allenarsi per qualche altra divina partita.





“E ora Tu dalle stanche ceneri
sperdi ogni ria parola: 
il Dio che atterra e suscita, 
che affanna e che consola, 
sulla deserta coltrice 
accanto a lui posò.” 





Napoli lo ha osannato e gli ha dedicato in vita anche un Te Diegum. Perché





“tutto ei provò: la gloria 
maggior dopo il periglio, 
la fuga e la vittoria, 
la reggia e il tristo esiglio; 





Ma contrariamente ad altri che hanno pure calpestato l’erba del sacro campo del San Paolo, è stato più volte sull’altare, ma mai nella polvere.





Perché, come ha scritto Erri De Luca «È il trionfo breve a restare perfetto nella memoria; non le dozzine di scudetti, ma il paio». 





Se poi prima o poi dovessero diventare tre, non ci dispiacerà e il terzo lo offriremmo a Maradona…



Moondo
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