Coronavirus e potere, quasi divino, della Giustizia

 La Democrazia parlamentare Neozelandese, indipendente nell’ambito del Commonwealth britannico, ha comunicato di avere fronteggiato e sconfitto il Covid19.
La Repubblica popolare Cinese, ex dittatura comunista convertitasi a una forma di capitalismo sui generis, ha dato prova di essere stata capace di raggiungere un analogo risultato.





Conclusione incontrovertibile è che l’assetto costituzionale degli Stati ha un’importanza solo relativa nel debellare un virus.
Nel mezzo, tra queste due punte, l’Europa e gli Stati Uniti d’America si dibattono in un marasma che sembra non avere mai fine.





Il quadro è sconcertante: governi e parlamenti annaspano, confliggono nella ricerca spasmodica di rimedi con risultati positivi altalenanti e incerti; il potere centrale è in aperto contrasto con quello locale sulle misure da adottare; la classe politica è disorientata e divisa tra esigenza di tutela prioritaria della salute e necessità di non arrestare del tutto l’attività produttiva.  L’unico potere che non smania sembra essere quello finanziario: se ne sta alla finestra, perché la potenza del denaro non sarà intaccata dalla pandemia; anzi uscirà rafforzata dalle condizioni di bisogno prodotte dal morbo.





Nel caos generale dell’Occidente, un rilievo a sé merita l’Italia, “di dolore ostello” preferenziale, secondo i noti versi di padre Dante.
Mentre, infatti, altrove la battaglia coinvolge il potere legislativo, che rifiuta di essere stato messo sostanzialmente “in quarantena” come un portatore del virus; il potere esecutivo, preda più o meno facile delle visioni assolutistiche e superiorem non recognoscentes di asseriti (e spesso solo pretesi) esperti di virologia, epidemiologia, infettivologia (e che più ne ha ne metta) e contraddittore permanente delle istanze regionali che si oppongono all’uniformità di trattamenti di fronte  all’asserita diversità delle tante situazioni locali… in Italia è sceso in campo anche il super-potere giudiziario.





Con modi molto “impetuosi” di esercizio del potere investigativo per la repressione di ipotizzati reati (talvolta, persino, con comportamenti oltre i limiti della discrezione e del buon gusto), strombazzati da un giornalismo pronto a gettarsi su notizie scandalistiche come le belve su carogne in decomposizione, è cominciata in Italia, tra morti e malati che escono ed entrano nei luoghi di cura,  l’ennesima campagna moralizzatrice, seguito ideale di un’azione iniziata con “Tangentopoli” e “Mani pulite” che ha avuto, oggettivamente parlando, il duplice risultato di fare aumentare la corruzione, tenendo lontane le persone per bene dall’agone politico e affidando quest’ultimo solo ai “nullafacenti” in cerca disperata  di paghe per il lesso.





Naturalmente, in momenti particolari come quelli attuali (con una massacrante pandemia non ancora domata) è giocoforza il richiamo alla mente dell’immagine dell’elefante nel negozio di cristalli.
Sarebbe un fuor d’opera, però, augurarsi un modus operandi più discreto e dimesso,   meno volto a suscitare rumorosi clamori e reazioni politiche spesso scomposte e sempre, comunque, mirate. 
Il problema è una conseguenza inevitabile dell’alterazione operata dal nostro ordinamento giuridico nell’equilibrio dei poteri immaginato da Montesquieu.





Se Ebrei e Cristiani (di più severa ortodossia) sono riusciti a far prevalere l’idea della Giustizia come massimo potere di Dio mitigabile solo dalla Misericordia (altra, importante prerogativa divina) i risultati pratici di una tale visione nella vita pubblica degli Stati d’Israele e d’ Italia sono stati, per forza delle cose, necessariamente disastrosi. 
La convivenza civile, sociale e politica è uscita stravolta da una tale scelta di natura certamente religiosa, inconscia nelle sue più riposte motivazioni, e totalmente  incompresa nei suoi effetti.





E’, difatti, da ritenere (ormai quasi per communis opinio) che sia stato un eccesso di non meditata generosità quello dei “Padri Costituenti Italiani” di “donare” al Paese un vero e proprio “super-potere” giudiziario che spesso, per l’immancabile (e forse anche non richiesto) aiuto del megafono mass-mediatico provoca sconquasso nella vita dei cittadini, aggiungendo paura a paure, del tutto incurante del motto oraziano “est modus in rebus”. 
E’ difficile, però, pensare che dopo molti decenni di per una norma voluta dal comunista Luigi Berlinguer, “paritarie” a tutti gli effetti) il livello  culturale e civile degli Italiani e quindi della classe dirigente del Paese possa riprendersi, senza correttivi, ed essere ancora all’altezza di quello di altre liberal-democrazie imperniate sull’istruzione pubblica e sulla scuola privata laica, rigorosamente non confessionale e altrettanto rigorosamente controllata.





Anche l’Accademia, già di per sé predisposta dall’autoritario Platone al servilismo culturale dei partecipanti, ha avuto, per effetto dello scadimento dell’istruzione elementare, media e superiore, “maestri” non adeguati al ruolo. E’ stata, pertanto, una conseguenza necessaria immaginare come “inevitabile” l’ignoranza al potere, in tutte le sue molteplici forme (non va dimenticato il diritto al diciotto politico…. e via rivoluzionando). 
Per  completare il quadro, la Costituzione cosiddetta “più bella del mondo” ha previsto o consentito, per il potere giudiziario, una “trasmigrazione” di giudici e pubblici accusatori in tutti i gangli più vitali della Repubblica.





A parte i giudici legislatori e governanti (per concessione della classe politica e per interpretazione della legge, entrambe benevoli), anche per la Corte Costituzionale (supremo giudice delle leggi e quindi fuori della giustizia strettamente intesa, come da ogni altra attività pubblica di “sapore” politico) la nostra Carta ha disciplinato l’elezione di ben cinque membri provenienti dalle varie magistrature che affollano (per alcuni osservatori politici “pesantemente” e “incongruamente”)  il panorama giudiziario del nostro Paese (Ordinaria, Amministrativa e Contabile).
L’elezione di questi giudici  avviene su base associativa, sostanzialmente corporativa e, quindi, del tutto anacronistica in un’Italia che non è più quella medioevale delle Corporazioni di Arti e Mestieri nè quella della Camera dei Fasci e delle Corporazioni di Mussoliniana memoria. 
V’è chi ritiene che l’espansione dei giudici nel nostro ordinamento sarebbe da contenere e limitare… non ampliare ma si tratta di voci che urlano nel deserto.
 
Domandafinale: Dire che per essere soltanto vincitori di un modesto concorso di primo grado, questi impiegati dello Stato si occupano già di troppe cose e, certamente, più di quanto dovrebbero, è una  “bestemmia” o una verità incontrovertibile? 
Nel 1980, Renzo Arbore invitava gli Italiani a seguire un motto: Meditate gente, meditate! Quell’esortazione oggi è più valida che mai.



Moondo
https://moondo.info/coronavirus-e-potere-quasi-divino-della-giustizia/?utm_source=Blogger

Commenti

Post popolari in questo blog

Letture estive: “Io sono il Potere”, ovvero il cinismo rarefatto

Riserva Naturale Lago di Posta Fibreno: un’oasi verde al confine tra Lazio, Molise e Abbruzzo!

Porta scorrevole esterno muro: una scelta di design