Abbiamo imparato l'arte e non vogliamo metterla da parte
“Abbiamo imparato l’arte e non vogliamo metterla da parte” è lo slogan da cui partirà il 1 maggio la protesta pacifica di parrucchieri, estetisti e tatuatori contro la programmazione di riapertura degli esercizi predisposta dal Governo per lunedì 1 giugno. Sono circa 900 le attività in tutta Italia che oggi alzeranno la saracinesca e accenderanno le luci dei locali per manifestare. Viterbo, Civitavecchia, Roma, Santa Marinella, per il Lazio; Arezzo, Capalbio, Grosseto a rappresentare la Toscana e ancora Chieti, Parma, Santa Croce di Magliano (Molise) e Campobasso saranno in prima linea e a fare da eco ai colleghi di Liguria, Piemonte e Campania che già lo scorso 29 aprile hanno fatto sentire il loro disperato grido.
Un momento pesante e difficile la fase 2, che avrà inizio il 4 maggio, che aveva fatto sperare la ripresa delle attività a molte partite iva ferme da ormai due interminabili mesi. Sessanta lunghissimi giorni con le serrande abbassate, che in questo caso diventeranno 90, e che potrebbero decretare la conclusione di un percorso professionale, portato avanti con grande sacrificio e fatica, per molti operatori del settore. Un coro disperato di voci che cercano, nonostante tutto, di resistere e non mollare.
“Siamo veramente arrabbiati e preoccupati per il protrarsi della chiusura - ha raccontato Tiziana Soletti titolare di un centro estetico nel Lazio e una delle promotrici insieme a Elena Di Vito della protesta – Da due mesi siamo senza lavoro e le prospettive non sono affatto rosee. Nel mese di dicembre avevo ristrutturato i locali e acquistato nuovi macchinari in vista della bella stagione in cui il lavoro generalmente aumenta.
Purtroppo non solo non posso riaprire, ma ho una dipendente in cassa integrazione che solo ieri ha iniziato a ricevere quanto dovuto, quindi da due mesi è senza stipendio, inoltre ho un figlio in età scolare a carico mio essendo separata e il mutuo di casa da pagare ogni mese. Con i 600 euro ricevuti dall’Inps ci ho pagato le bollette del negozio e ho anche dovuto pagare i contributi alla mia dipendente.
Non riusciamo a capire perché studi di fisioterapia, studi dentistici e altri possano riaprire e noi che operiamo nel settore dei servizi alla persona invece no. Da sempre lavoriamo in sicurezza, usiamo materiali usa e getta, sterilizzatori, disinfettanti, siamo quindi già attrezzati e pronti a partire. In questa tragica situazione ci siamo sentiti decisamente abbandonati. Qualche collega mi ha già confidato che a giugno non riaprirà perché non ha le risorse per farlo”.
Nei giorni scorsi anche CNA (Confederazione Nazional dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa), in particolare la sezione di Viterbo e Civitavecchia, è intervenuta a mezzo stampa per sottolineare “lo sconcerto e la rabbia per il fatto che nel Dpcm del 26 aprile non si faccia alcuna menzione a una possibile data di riapertura delle imprese di acconciatura ed estetica – ha spiegato nella nota CNA - È incomprensibile come nei loro confronti ci sia una totale disattenzione da parte del governo.
Chiediamo che acconciatori ed estetiste possano riprendere a breve la loro attività. Il comparto, a tutela di clienti e dipendenti, può già offrire tutte le garanzie necessarie a riaprire saloni di acconciatura e centri estetici nella massima sicurezza.Le imprese sono ormai allo stremo delle forze e le loro condizioni finanziarie sono così gravi – sottolinea ancora l’Associazione di rappresentanza dell’artigianato e della piccola impresa – da destare preoccupazione anche sul fronte della tenuta sociale di scelte scellerate come quella di una chiusura così prolungata”. Elena, Tiziana, Caterina, Maria Adele sono solo 4 delle 900 persone che hanno speso ogni giorno della loro vita dietro quelle vetrine, lavorando dalle otto alle dieci ore al giorno per guadagnarsi da vivere onestamente, creando posti di lavoro, pagando tributi allo Stato, lo stesso che in questo momento non ha preso in considerazione la lenta agonia di questo settore dell’imprenditoria.
“E’ stata una sorpresa molto amara la decisione del Governo– ha dichiarato Caterina Nucci titolare di un negozio per parrucchiera e di un centro estetico in provincia di Viterbo- Siamo preoccupati, senza reddito da due mesi e dobbiamo affrontare altre spese per la riapertura: plexiglass di protezione, dispositivi di sicurezza, dispositivi da lavoro usa e getta, anche se in realtà non sappiamo ancora veramente cosa ci sarà richiesto. Mio marito fa il marmista, quindi anche l’attività per cui lavora al momento è chiusa e né lui né le estetiste che lavorano nel nostro centro hanno al momento incassato la cassa integrazione. Siamo senza incassi da due mesi e stiamo pagando fatture e bollette oltre le spese di casa”.
Non tanto diversa da quella di Caterina è la storia di Maria Adele Lombardi. “Sono madre di una ragazzina adolescente, sono una parrucchiera e il mio ex marito gestisce un ristorante, così come il mio attuale compagno – ha spiegato la Lombardi – siamo quindi tutti senza reddito. Quello che più destabilizza la categoria è che oltre alle difficoltà, oltre a dover comunque affrontare delle spese per riaprire, non abbiamo nemmeno ancora precisi protocolli per la riapertura, quindi non riusciamo nemmeno a fare progetti che ci consentano di capire se, quanto e come potremo lavorare.
In questi mesi non fatto richiesta di sospensione di mutuo o affitto per la paura di dovermi poi trovare le spese raddoppiate da settembre in poi, non immaginavo minimante che questo periodo sarebbe durato così a lungo”. Ogni partita ha un volto, un nome e fa parte della storia e dell’economia di questo Paese, che non vive di promesse elettorali o slogan politici, ma di seri investimenti e misure affinché alla storia non sia attribuita la parola FINE.
Moondo
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