Perche’ una associazione degli artigiani del cibo

“Guardiamo avanti.
Dobbiamo aprirci a idee nuove per lo sviluppo: l’impresa artigiana del cibo,
che costituisce il tessuto produttivo del mondo agroalimentare italiano, si è
sempre trovata di fronte ostacoli che hanno impedito il successo pieno del suo
prodotto. Infatti il problema principale è il valore del prodotto, perché non è
sufficiente mettere a punto “prodotti specialità”, ma è necessario far nascere
“mercati specialità”. Pensare ancora che basti fare il prodotto tipico o
naturale e inserirlo all’interno di mercati competitivi per avere distintività
e successo è assolutamente velleitario. L’esperienza di migliaia di piccole
aziende sta lì a dimostrare che l’operazione “nicchia” non solo non funziona,
ma crea un indebito vantaggio ai prodotti speculativi dell’industria che,
sfruttando le virtù e le qualità dei prodotti artigianali, ne hanno
capitalizzato gli aspetti qualitativi - assumendone spesso i connotati - e
vincendo la partita sul piano economico. “Guadagnare con le nicchie non è
affatto facile: di solito i cibi particolari vengono lavorati da piccole
imprese, che fanno fatica a produrre grandi quantità di merce, a distribuirla”,
ha scritto il
presidente del Censis, Giuseppe De Rita,
“è questa la sfida futura del settore agroalimentare italiano: continuare a
puntare sulle diversità, riuscendo allo stesso tempo ad accrescere il volume
della produzione e delle vend
ite”.





E’ una sfida che si può vincere, ma alla condizione di fare sistema e di creare un nuovo mercato. La premessa: siamo per un cibo buono,
sano e nutriente.





Lo scandalo dell'olio deodorato,
dell’olio di palma, lo scandalo della carne suina e quello del latte e dei
formaggi, e come una ciliegina sulla torta il prosciutto di Parma e il
prosciutto San Daniele, dimostrano che, nonostante l'impegno per la massima
trasparenza e pulizia nel settore agroalimentare, il malaffare continua a
imperversare. Più o meno quello che succede in altri settori della vita
economica del nostro Paese e non da oggi. Ma con una grande differenza: le
tangenti fanno male alla nostra tasca, le truffe alimentari fanno male alla
nostra salute. In uno dei tanti talk della nostra televisione, il giudice
Colombo ha dato una risposta convincente al tema della corruzione: non è con la
repressione che si combatte questo fenomeno per il semplice fatto che è così
diffuso, e permea tutti i nostri comportamenti, per cui la soluzione non è la
repressione, ma l’educazione, l’educazione alla legalità. Un compito delle
famiglie, della scuola, un dovere dei cittadini.





Ma gli artigiani del cibo devono
fare di più, hanno l’obbligo di dire ai cittadini qualcos'altro. Dobbiamo dire
al consumatore che può continuare pure a comprare l'olio-civetta a 2,49 o la
pizza margherita a 2,99, ma deve essere consapevole che quel comportamento
suona come una giustificazione per un’industria alimentare cinica e bara che
non esita, per fare profitto, a mettere in commercio prodotti che, se non fanno
male alla salute, certamente non hanno il valore che il cittadino paga. Forse
non è una frode, ma è qualcosa che ci somiglia molto!





Noi dobbiamo offrire a quel consumatore un’alternativa. Un cibo buono, sano e nutriente. Ad un prezzo giusto. Ma dobbiamo avere la consapevolezza che se limitiamo il nostro agire all’offerta di un prodotto, anche se buono e sano, la partita è persa.





Cibo sano? Il processo di produzione va riportato in etichetta.
Cibo sano? Il processo di produzione va riportato in etichetta.

Dobbiamo riacquistare un legame
forte con la società. Nei secoli passati gli artigiani hanno lasciato un segno
indelebile della loro presenza, del loro lavoro. Ma oggi, cosa sta dando la
nostra generazione? Che tipo di rapporto abbiamo con il nostro territorio? Che
rapporto con il nostro consumatore? Con la comunità in cui viviamo.





Dobbiamo darci un codice etico. Solo
recuperando importanza nell'immaginario collettivo potremo far sentire più
forte la nostra voce.





I
mercati stanno subendo un radicale mutamento per effetto della lunga e profonda
crisi economica, della globalizzazione, dell’entrata sulla scena di nuovi paesi
emergenti, dello spostamento della ricchezza da ovest verso est.  Nulla è come prima: si impone un cambiamento
di mentalità e di offerta, le aziende devono essere capaci di anticipare le
richieste del mercato e l’Italia deve valorizzare le sue ricchezze.





Anche
l’agricoltura non è e non sarà più la stessa: acquisteranno spazi nuovi quelle
imprese caratterizzate da un alto tasso di specificità territoriale. Una
agricoltura che deve far leva su una produzione di materie prime che puntino
sulla unicità e sulla qualità, facendo da contrappunto alla produzione
massificata e priva di specificità dei prodotti agricoli buoni per l’industria
e per le grandi multinazionali.





La
biodiversità è un bene prezioso che andrà sempre più tutelato, come prevede la
convenzione firmata da quasi tutti i paesi del mondo a Rio de Janeiro. In
questo contesto l’impresa artigiana è destinata sempre più ad essere un
naturale presidio di questo bene prezioso perché capace di garantire il proprio
prodotto avendo il controllo dell’intera filiera, la competenza professionale
nella gestione delle tecnologie e la trasparenza nel processo di produzione e
distribuzione.





Il
consumatore ha il diritto di sapere chi è colui che ha prodotto il cibo che ha
acquistato e deve essere certo della sua professionalità. L’artigiano del cibo,
produttore o chef, deve avere la patente. Il consumatore sarà così sicuro di acquistare
o mangiare un cibo eccellente di cui è garantita la trasparenza del processo
produttivo nell’impresa o in cucina, l’origine e la genuinità.





La mappa dei consumi, dopo lo
shock della crisi economica-finanziaria, riflette il processo di ristrutturazione
delle filiere. Un processo questo, che ha portato molti operatori della grande
distribuzione ad interpretare il mercato secondo logiche che guardano
all’essenzialità e alla qualità dei consumi. 
Questo trend riflette i nuovi atteggiamenti del consumatore che, dopo
aver metabolizzato la crisi a livello psicologico, ha cambiato gli
atteggiamenti d’acquisto.





Il leitmotiv oggi è “spendo
meno ma meglio, per avere valore
”. 





Tutto questo si traduce in una
maggiore attenzione al processo di spesa, non solo in termini quantitativi, ma
anche qualitativi che passa attraverso il controllo dello scontrino per evitare
gli sprechi. Ha preso piede la spesa giornaliera vicino casa, si elimina la
dispensa, e si torna ad acquistare “3 mele” rispetto ai 3 kg di mele del
sacchetto convenienza dell’ipermercato.





Partendo
dalla crisi che ha investito il vecchio sistema commerciale dobbiamo aprirci a
idee nuove per lo sviluppo: l’impresa artigiana del cibo si è sempre trovata di
fronte l’ostacolo della distribuzione che ha impedito un vero successo
commerciale del suo prodotto. Pur sapendo che la
qualità del prodotto è diventato un punto importante nella graduatoria degli
elementi di valutazione dell’acquisto sappiamo anche che non è
sufficiente mettere a punto “prodotti specialità”, ma è necessario far nascere
“mercati specialità”.





Con
queste idee ARTISAN POST vuole contribuire ad una nuova rappresentanza delle
imprese e delle professioni che creano e producono cibo. E
da qui una nuova associazione per fare un patto: il patto di tutti gli
artigiani che fanno un cibo a regola d’arte, di tutti gli agricoltori che
coltivano una materia prima sana e tipica, di tutti i distributori che vogliono
un mercato trasparente, di tutti i consumatori che vogliono un cibo sano e
nutriente al prezzo giusto.





Un
patto per un mercato del made in Italy di qualità.





Una
nuova associazione degli artigiani del cibo per un cibo artigianale, per un
mercato trasparente di prodotti sani, è il contributo che gli artigiani possono
dare per un Paese diverso, per un’Italia migliore e con le nostre aziende, e
con il nostro lavoro, essere tra i protagonisti del rinnovamento di cui il
nostro Paese ha bisogno.



Moondo
https://moondo.info/perche-una-associazione-degli-artigiani-del-cibo/

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