"Envoy": musica per costruire un ponte tra persone, un invito al dialogo

1) Da cosa viene il nome Envoy?





Sull’origine del nome Envoy? Volete la storia lunga o la storia breve? Vi raccontiamo quella lunga.
Il nome in realtà è arrivato in maniera quasi casuale, da un paragrafo di un articolo di giornale riguardo una nota situazione geopolitica che un paio di anni fa fa costituiva un punto caldo del dibattito internazionale.
Envoy era una parola ricorrente in questo articolo, ed in inglese assume il significato di “inviato diplomatico”, o anche “corrispondente”, “delegato”. E' una figura, quella dell’inviato, piuttosto interessante, perché ha l’incarico di portare un messaggio; si pone come una figura di collegamento, che costituisce un ponte tra due fazioni anche nemiche. Può considerarsi per sua natura quindi come un tramite tra le persone, un invito al dialogo.
La nostra musica non ha la presunzione di porsi un obiettivo tanto alto, ma ci piace pensare di poter fare qualcosa di utile sensibilizzandoci, nel nostro piccolo, su certe tematiche.





2) Quali sensazioni avete provato al termine di LazioSound?





Partecipare a LazioSound, e vincere il titolo nella nostra categoria è stata per noi una grandissima soddisfazione, oltre che onore. Per noi è stata un’esperienza incredibile, che consigliamo vivamente ad altri musicisti. Ci ha permesso di produrre un singolo, sì, ma ciò si è rivelato più prezioso in assoluto è stata l’opportunità di conoscere altri artisti e le loro storie, lo spirito di condivisione, e sicuramente anche persone che lavorano all’interno del mondo della musica, esperti, professionisti di cui si parla poco, ma che di fatto costituiscono l’infrastruttura su cui si appoggia tutto.





3) Da cosa viene questo piglio sperimentale?





Bella domanda! Questo per noi è un approccio inevitabile. Fare nuova musica è molto più simile rispetto a quel che si potrebbe pensare ad un’attività di ricerca. E poi la parte più divertente consiste nel creare le nostre sonorità, non è una cosa che forziamo. Spesso si brancola nel buio e si è costretti a venire a contatto con i propri limiti, e talvolta (in realtà quasi sempre!) ci si trova a camminare in territori poco esplorati, e dai contorni sfumati. Probabilmente anche per questo motivo crediamo che comporre musica porti per forza di cose a un atto di sperimentazione.





4) Quale credete che sia la caratteristica che più vi rende un trio musicale?





La risposta più immediata che ci viene in mente sono i diversi background che ha ciascuno di noi; i percorsi diversi che abbiamo intrapreso, le strade, le esperienze fatte, che unite ci rendono ciò che siamo.
E poi c’è il sacrificio, l’impegno, e il costante lavoro che facciamo per noi stessi, ma soprattutto l’uno per l’altro. È il sacrificio che ci rende così uniti e capaci di capirci a vicenda.





5) Cosa vi ha spinto a raccontare un mondo iper-accelerato in un modo così pacato?





Altra domanda molto interessante, la cui semplice risposta è che non avremmo potuto fare altrimenti. Questo nostro è l’unico modo che conosciamo, è nella nostra personalità, ed è il filtro con cui preferiamo condividere la nostra visione del mondo.



Moondo
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