Il quadrato di Pompei
Poco o nulla a che fare con l'enigmistica, il quadrato di Pompei costituisce in ogni caso una cólta ascendenza per i moderni giochi geometrici nei quali lo schema è formato da una serie di vocaboli che s'incrociano secondo determinate geometrie.
Si tratta della genialissima combinazione che ha fatto arrovellare generazioni di studiosi, tutti intenti a dimostrare la validità della propria tesi. E davvero le provenienze più disparate (iscrizioni nel duomo di Siena e su pareti di case e castelli francesi, mosaici di altari lombardi e diversi manoscritti del quarto secolo) non potevano costituire fonti affini e utili per una univoca interpretazione delle 25 lettere, le quali, non soltanto s'incrociano ma, per essere i vocaboli anche bifronti (il primo con l'ultimo, il secondo con il penultimo, il terzo con sé stesso e quindi addirittura palindromo), permettono la formazione del secondo quadrato:
Altri ritrovamenti condussero ad attribuire al quadrato finanche virtù taumaturgiche e fattucchiere, ma la gran parte degli studiosi fu sempre orientata a ritenerlo un simbolo della cristianità, una delle cruces dissimulatae adottate dai credenti in quei tempi difficili di persecuzioni; a maggior ragione quando, nel 1868, tra le rovine di Cirencester, in Gran Bretagna, furono rinvenute tracce dello stesso quadrato su di un supporto del III secolo. È in questa direzione che il pastore evangelista Felix Grosser ne riordinò le lettere in modo da proporre due paternoster in croce, preceduti e seguìti dalle lettere A ed O, corrispondenti dell'alfa e dell'omega (principio e fine delle cose del mondo).
Tutta la questione fu di nuovo riproposta in séguito ai ritrovamenti effettuati a Pompei (nel 1925 e nel 1936) di due graffiti riproducenti lo stesso magico quadrato.
Di un analogo quadrato in lingua "quichua" disse Sal Kierkia in occasione del convegno su Gli enigmi nel mondo (Capri, 1992): una leggenda andina narra di quattro fontane che si rimandano a vicenda la frase «Micuc Isutu Cuyuc Utusi Cucim», la quale ricalca in tutto la combinazione latina e permette anche la formazione di un secondo quadrato:
La struttura ricorda il quadrato magico numerico, dove al posto delle lettere vengono inseriti numeri in modo tale che la somma di ogni riga, di ogni colonna e delle due diagonali sia sempre la stessa che rappresenta la sua “costante magica” del quadrato (33 nel caso del quadrato qui riprodotto).
Moondo
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