Siamo ciò che mangiamo, regole migliori per evitare la confusione

A
cura del settore Tutela Alimentare dell’Associazione CODICI,
Avv.
Carmine Laurenzano, Dott. Luigi Gabriele, Dott. Matteo Pennacchia





Nell’Unione europea sono ancora pochi gli alimenti che hanno l’obbligo di indicare l’origine in etichetta e sono principalmente alimenti non trasformati. In tutti gli altri casi è molto difficile scoprire la provenienza degli ingredienti, a meno che i produttori non decidano di dichiarlarla spontaneamente (cosa che succede, in generale, quando questa è percepita come un elemento qualificante del prodotto). Inoltre, su questo aspetto il marketing spesso non gioca pulito, facendo credere al consumatore provenienze non veritiere.





La legge impone
di dichiarare in etichetta soltanto l’indirizzo del produttore o
del distributore, che non è detto che corrisponda a quello di
provenienza delle materie prime. Anche il codice a barre, da molti
ritenuto fonte di questa preziosa informazione, in realtà non rivela
granché: le prime due o tre cifre, infatti, si riferiscono al Paese
dove è stato registrato il marchio dell’azienda, che può
benissimo trovarsi a migliaia di chilometri di distanza dal luogo di
produzione, di raccolta o di allevamento. Su questo e su molti altri
aspetti dell’etichetta, dalle immagini agli slogan sulla
confezione, si gioca una partita non del tutto corretta.





Per questo sono
necessarie regole più severe e trasparenti, che impediscano al
consumatore di cadere nelle trappole della pubblicità ingannevole.





L’etichettatura
rappresenta dunque un importante strumento di informazione sulle
caratteristiche dei prodotti alimentari. Informazione che deve essere
corretta e trasparente, senza indurre in errore il consumatore circa
le caratteristiche dell’alimento: lo scopo deve essere quello di
tutelare gli interessi delle parti in un contesto di libero scambio
delle merci.





Diversi
provvedimenti legislativi regolano l’etichettatura, la
presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari: in Italia, la
norma base è il D.Lgs 109/1992, che definisce l’etichetta di un
alimento come “l’insieme delle menzioni, delle indicazioni, delle
immagini o dei simboli che si riferiscono al prodotto alimentare e
che figurano direttamente sull’imballaggio o su un’etichetta
appostavi o sul dispositivo di chiusura o su cartelli, anelli o
fascette legati al prodotto medesimo…”, norma più volte
modificata in seguito alla promulgazione di altri provvedimenti, a
partire da quelli di natura comunitaria.





Spesso il
consumatore è tratto in inganno da etichette che riportano dizioni
che richiamano all’italianità quando, invece, il prodotto nasce da
materie prime straniere. Con la completa tracciabilità del
prodotto
i consumatori europeidovranno avere tutte le
informazioni necessarie per scegliere cosa comprare. Questa misura
tutela anche i produttori agricoli che lavorano sulla qualità,
l’eccellenza e la genuinitàdegli alimenti.





Come noi
sappiamo, il sistema agroalimentare italiano è una delle più
importanti risorse da salvaguardare e potenziare perché rappresenta
l’eccellenza dei nostri territori nella misura in cui non è
solamente un settore destinato alla produzione di alimenti, ma
identifica un patrimonio unico di valori e tradizioni di cultura e
qualità di notevoli potenzialità





Qualche settimana fa Google ha lanciato una piattaforma online la quale prevederà un accesso facilitato ad un e-commerce su scala internazionale dei nostri prodotti, prova dell'eccellenza qualitativa che suscita interesse da parte dell'intero globo. Da fonti del MiPAAF, risulta che le eccellenze alimentari italiane, tenendo conto dei prodotti con marchi di tutela (dop,doc,docg,igp,stg) e certificati biologici, crescono grazie all'ausilio delle pmi vero motore nel settore che manifestano sempre più difficoltà nel far emergere le loro realtà.





Siamo cio che mangiamo
Siamo cio che mangiamo - Unspalsh

L’Italia vanta
il primato, fra i Paesi dell’Unione Europea, di una tutela della
qualità delle produzioni agroalimentari elevata, si pensi che il
Paese ha il maggior numero di prodotti a marchio registrato come la
denominazione d’origine protetta, l’indicazione geografica e
protetta e la specialità tradizionale garantita che sono oggetto di
numerosi e sofisticati tentativi di contraffazione





Tale valore può
essere tutelato solo attraverso la promozione della qualità, della
tracciabilità degli alimenti e dall’ampliamento delle informazioni
ai consumatori, anche al fine di contrastare il dilagare delle
pratiche commerciali sleali e di contraffazione dei prodotti
agroalimentari.





Nella precedente
Legislatura, è stata approvata la legge n. 4 del 3 febbraio 2011 in
materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari. Il
testo della legge risulta, pertanto, incentrato sull’esigenza di
promuovere il sistema produttivo nazionale nel quale la qualità dei
prodotti è frutto del legame con i territori di origine, e sulla
pari necessità di trasmettere al consumatore le informazioni
sull’origine territoriale del prodotto, alla base delle dette
qualità. Il fine di assicurare una completa informazione ai
consumatori è, infatti, alla base delle norme (artt. 4 e 5) che
dispongono l’obbligo, per i prodotti alimentari posti in commercio,
di riportare nell’etichetta anche l’indicazione del luogo di
origine o di provenienza. Specificatamente, per i prodotti alimentari
non trasformati, il luogo di origine o di provenienza è il Paese di
produzione dei prodotti; per i prodotti trasformati la provenienza è
da intendersi come il luogo in cui è avvenuta l’ultima
trasformazione sostanziale, il luogo di coltivazione e allevamento
della materia prima agricola prevalente utilizzata nella preparazione
o nella produzione. L’etichetta deve altresì segnalare l’eventuale
utilizzazione di ingredienti in cui vi sia presenza di organismi
geneticamente modificati, OGM, dal luogo di produzione iniziale fino
al consumo finale. Le norme, che demandano sostanzialmente alle
regioni l’attività di controllo, sono peraltro rafforzate da
dispozioni sanzionatorie (così il comma 10 dell’articolo 4), che
prevedono l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria
compresa fra 1.600 euro e 9.500 euro per i prodotti non etichettati
correttamente. Le modalità applicative dell’indicazione
obbligatoria d’origine sono state demandate a decreti
interministeriali chiamati a definire, all’interno di ciascuna
filiera alimentare, quali prodotti alimentari saranno assoggetti
all’etichettatura d’origine;





I decreti
attuativi non sono stati a tutt’oggi emanati da parte dei dicasteri
agricolo e dello sviluppo economico, proprio a causa della difficile
applicazione della asserita “obbligatorietà” della indicazione
di provenienza, laddove le norme europee prevedono, allo stato, solo
regimi “facoltativi”. Le disposizioni nazionali non possono,
infatti che essere coerenti con la normativa approvata dall’Europa
che ha disciplinato le modalità e i contenuti informativi da
trasmettere ai consumatori.





Ma recentemente
l’Unione Europea ha apportato, in tema di indicazioni, delle
modifiche al regime di etichettatura dei prodotti agroalimentari. In
particolare, il Regolamento n. 1169/2011 del Parlamento europeo
e del Consiglio, relativo alla fornitura d’informazioni sugli
alimenti ai consumatori ha modificato la precedente normativa, al
fine di semplificarla e migliorare il livello d’informazione e di
protezione dei consumatori europei. Le nuove disposizioni, che
entreranno in vigore dal 13 dicembre 2014 – ad eccezione delle
disposizioni relative all’etichettatura nutrizionale che entreranno
in vigore a partire dal 13 dicembre 2016 – rispondono alla
necessità di aumentare la chiarezza e la leggibilità delle
etichette. Il regolamento si applica a tutti gli operatori del
settore alimentare in tutte le fasi della catena e a tutti gli
alimenti destinati al consumo finale, compresi quelli forniti dalle
collettività (ristoranti, mense, catering) e quelli destinati alla
fornitura delle collettività.





Esso introduce
alcune novità di rilievo, quali l’obbligo di indicare la
provenienza e l’origine dei prodotti, la leggibilità
dell’etichetta, e consente agli Stati membri di adottare
“disposizioni ulteriori” (art. 39 del Regolamento)per
specifici motivi:protezionedella salute pubblica e
dei consumatori, prevenzione delle frodi, repressione della
concorrenza sleale, protezione dei diritti di proprietà industriale
e commerciale e tutela delle indicazioni di provenienza e
denominazioni di origine controllata. Lo Stato membro che voglia
introdurre un provvedimento nazionale dovrà notificare il progetto
alla Commissione Europea e attendere tre mesi per approvarlo, salvo
parere negativo della stessa.





In virtù di
queste nuove norme europee, il 19 giugno 2013 il Dipartimento della
Salute britannico ha annunciato l’introduzione di un nuovo sistema
volontario di etichettatura nutrizionale basato sulla colorazione
semaforica (verde-giallo-rosso) del packaging dei prodotti
alimentari sulla base del contenuto di sale, zucchero, grassi e
grassi saturi presente in 100 grammi di prodotto, che ha destato
molte critiche e disapprovazioni;





Lo schema
inglese del “semaforo” si basa sulla schedatura degli alimenti:
verde uguale cibo “buono”, rosso uguale cibo “cattivo”,
mettendo a rischio i prodotti di qualità e non considerando il fatto
che non esistono cibi “buoni” o “cattivi” ma solo regimi
alimentari corretti o scorretti;





Schedare cibi e
bevande in questo modo, è pericoloso e fuorviante, perché si offre
al consumatore soltanto un’informazione parziale ed erronea che non
tiene più conto della dieta complessiva e soprattutto non considera
il regime alimentare nel suo insieme e, quindi, il modo in cui gli
alimenti vengono integrati fra loro;





Contro
l’introduzione di questo sistema si sono espresse le maggiori sigle
dei produttori alimentari italiani e anche associazioni di altri
Paesi, in particolare del Sud Europa perchè questo scenario vede
penalizzati innanzitutto i prodotti alla base della dieta
mediterranea, il cui valore come “patrimonio immateriale
dell’umanità” è stato ufficialmente riconosciuto dall’Unesco
nel 2010.





Alcune
riflessioni finali: alla luce dell’impianto normativo descritto,
appare necessario adottare le idonee iniziative al fine di poter
consentire al nostro Paese di tutelare il made in Italy con un
sistema di etichettatura dei prodotti agroalimentari che consenta di
salvaguardare la biodiversità agroalimentare nella sua interezza
culturale;





Si
considerino, inoltre i meccanismi della grande distribuzione, il
"grande ostacolo", poichè il consumatore quando entra in
un supermarket è bombardato da prezzi e prodotti e spesso indotto a
scelte non volute, oppure sbagliate, oppure ancora prive di qualità.





Esistono
nuove forme di vendita e mercato che funzionano ed esaltano le buone
e giuste produzioni. Dobbiamo iniziare anche a promuovere nuovi modi
per acquistare nel settore, poiché c'è troppo deficit di
conoscenze.





I
consumatori stanno cambiando l'approccio al settore agroalimentare,
creando a livello nazionale una rete di Gruppi di acquisto
(www.retegas.org),
dove non esiste intermediazione finanziaria tra le parti (cosa che
avviene nella grande distribuzione generando squilibri di prezzi tra
produttore e consumatore) costruendo quotidianamente la filiera corta
(o kmO). Il rapporto produttore- consumatore è basato sulla
trasparenza, al fine di conoscere ogni passaggio produttivo del cibo
che giunge nelle nostre tavole.





Attraverso
i gas (gruppi di acquisto solidale) i consumatori stanno costruendo
nuovi percorsi, che si avvalorano dell'ausilio dei nuovi media,
contrastando peraltro inconsapevolmente le agromafie, le quali non
riescono a controllare le piccole reti produttori-consumatori. Il
consumatore risulta protagonista del settore, ma richiede una forte
tutela giudiziaria e amministrativa contro le grandi lobbies
alimentari che lo considerano solo indice di profitto, spesso
innescando frodi che incidono indirettamente sull'intero sistema
italiano. L'appello è di fare sistema tra istituzioni,produttori e
consumatori per salvaguardare l'agroalimentare italiano."



Moondo
https://moondo.info/siamo-cio-che-mangiamo-regole-migliori-per-evitare-la-confusione/

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