La strada verso le emissioni zero di anidride carbonica è lunga e tortuosa

La strada verso le emissioni zero di anidride carbonica non è solo lunga, è anche tortuosa. Ciò che appare si rivela spesso non reale: è sempre il caso di fare calcoli senza pregiudizi. Il centro studi Ces-Ifo di Monaco di Baviera, uno dei più prestigiosi della Germania, lo ha fatto in riferimento ai motori elettrici.





È uno studio che ha come base il settore dell’energia tedesco, che quindi arriva a risultati che valgono per la Germania: è però indicativo di una realtà poco analizzata che vale per tutti, una volta prese in considerazione le differenze nella composizione del mix energetico di ogni Paese. Lo studio è ampio, ma un esempio che riporta chiarisce la questione.





emissioni zero
La strada verso le emissioni zero di anidride carbonica non è solo lunga, è anche tortuosa (pixabay.com)

La strada verso le emissioni zero di anidride carbonica non è solo lunga, è anche tortuosa





I ricercatori hanno confrontato le emissioni di CO2 di una Mercedes C220d, con motore diesel, e quelle di un Modello 3 della Tesla, elettrica. Una volta che si considerano tutte le emissioni dovute all'estrazione del petrolio, alla sua trasformazione in diesel e al trasporto al distributore, la Mercedes emette 141 grammi di anidride carbonica per ogni chilometro che percorre. Considerando invece la produzione della batteria e la sua ricarica, le emissioni della Tesla sono tra i 155 e i 180 grammi.





Uno dei problemi dei motori elettrici – ha notato il Wall Street Journal — sta proprio nella produzione delle batterie, che lo studio del Ces-Ifo valuta tra 73 e 98grammi di CO2 equivalente per chilometro se si considera un decennio di vita della batteria a 15 mila chilometri l’anno. A questo va però aggiunta l’emissione da attribuire alla ricarica, cioè all'elettricità usata. Qui nasce il notevole problema della Germania.





Lo studio mostra infatti che nel mix energetico dell’elettricità tedesca, il 45,6% della produzione è realizzato con carbone (in Italia il 13,75% nel 2017) e in generale il 52,6% con fonti fossili. L’elettricità pulita del vento e del fotovoltaico pesano rispettivamente per il 17,6 e per il 7,2%. Nonostante la Energiewende, la transizione energetica perseguita dai governi Merkel, infatti, la necessità di garantire la continuità di fornitura anche nei periodi in cui c’è poco vento e non splende il sole, combinata con la repentina uscita dal nucleare, ha spinto il Paese a utilizzare un’altissima percentuale di carbone: mentre per un chilowattora il gas naturale emette 0,55 chili di CO2, la lignite (il carbone più usato in Germania) arriva a 1,36. Per ora, nessun pasto è gratis.





Danilo Taino - Corriere della Sera





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Moondo
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