Il letto: lo smart working ed altre curiosità


Il 40 per cento di quelli che lavorano da casa non si alza neanche dal letto e se ne resta sdraiato sotto le coperte col computer sulle ginocchia. Sconsigliatissimo, per la salute e per l’igiene. «Secondo gli studi, gli esseri umani rilasciano 15 milioni di cellule della pelle ogni notte che moltiplicati per una settimana fanno 5 milioni di batteri sparsi tra le lenzuola. Immaginate ora la cifra moltiplicata per le ore della giornata e avrete i brividi. Il cibo preferito da acari e simili. Uno studio dimostra che federe e lenzuola dopo una settimana possono contenere più batteri di quanti se ne trovano sulla tavoletta del water. Al netto del conteggio di briciole e avanzi di cibo» [Berlinguer, La Stampa].

Churchill
Churchill mangiava e lavorava a letto, e sosteneva che bastavano un paio d’ore di sonno al pomeriggio per lavorare poi fino alle due mattino. Unica regola: mai lavorare 12 o 14 ore di seguito. Doris Miles, che gli fece da infermiera quando era primo ministro e che poi raccontò tutto in Nursing Churchill, a un certo punto mostrò al marito la lista degli alcolici ingollati di norma dal primo ministro: champagne 10 once (280 ml), brandy 2, succo d’arancia 8, whisky 8 (le confidò che non poteva vivere senza champagne, perché nella vittoria se lo meritava e nella sconfitta ne aveva bisogno). Il bagno, racconta Doris, era sempre un evento: Churchill entrava in piena notte nella vasca con un asciugamano intorno alla vita e lei lo lavava mentre lui riceveva due o tre segretarie e un paio di visitatori, per dettare lettere e disposizioni. «È un uomo molto pulito. Fa il bagno due volte al giorno e poi indossa sempre abiti appena lavati. Non vorrei ricevere il conto della sua lavanderia» [Sabadin, La Stampa].

Pigiama
L’abitudine cinese di uscire di casa con gli abiti da notte. Le donne, con tanto di cuffia e pantofole, per far la spesa, gli uomini in pigiama, vestaglia o canottiera che leggono il giornale nei parchi, giocano a scacchi, ecc.

Elisabetta
Elisabetta d’Inghilterra si sveglia alle 7.30 del mattino, accende la radio e ascolta il Today programme di Radio 4 sulla Bbc. Intanto le preparano il bagno caldo, cui segue la colazione con Filippo. Spremuta di pompelmo, toast, marmellata d’arance, yogurt e cereali. Alle salsicce, un tempo sempre presenti, ha rinunciato. Mentre mangia, sfoglia i quotidiani, specie il Daily Telegraph. Cena alle 19.30, con Filippo, un po’ di tv, un cioccolatino fondente, qualche volta (di rado) un Martini. Scrive poi qualcosa sul diario, come faceva la sua ava Vittoria. A letto alle 11.

Thatcher
Nei momenti più gravi, la Thatcher restava sveglia tutta la notte con un bicchiere di whisky in mano.

Baldacchino
Fino agli ultimi anni del Settecento, il re di Francia poteva assistere alle sedute plenarie del parlamento restandosene coricato sotto un baldacchino [Michelle Perrot, Storia delle camere, Sellerio].

Rimbaud
Nel maggio del 1872, in rue Monsieur-le-Prince, a Parigi, Arthur Rimbaud affitta una mansarda con vista sul giardino della scuola Saint-Louis. «Adesso lavoro di notte. Da mezzanotte alle cinque del mattino. Alle tre, la candela impallidisce; negli alberi gli uccelli gridano tutti insieme: è finita. Basta col lavoro». Alle cinque scende a comprare del pane e a ubriacarsi nelle bettole. Si corica alle sette, «quando il sole fa uscire i porcellini di terra da sotto le pietre del selciato» [Lettera a Ernest Delahaye, in Arthur Rimbaud, Œuvres complètes, Gallimard].

Wharton
Edith Wharton scrive a letto, il solo luogo dove si sente tranquilla. Libera dalla stretta del busto, riempie pagine su pagine che una segretaria raccoglie per copiarle a macchina [Alberto Manguel Histoire de la lecture Actes Sud]

1984
Orwell, malatissimo, portò a termine 1984 a letto, tenendo la macchina da scrivere in bilico sulle ginocchia.

Missy
Churchill era ospite alla Casa Bianca, la notte ebbe bisogno del bagno e in corridoio sorprese Missy che usciva in vestaglia dalla camera del Presidente. Missy: «Buonasera. Aiutavo il Presidente a riordinare la collezione di francobolli» [Lucrezia Dell’Arti, iODonna].



Moondo
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